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IL PRIMO CONTATTO DELLA SINISTRA COMUNISTA CON LA III INTERNAZIONALE


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Il primo contatto della Sinistra Comunista con la III Internazionale
Al comitato di Mosca della III Internazionale
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Il primo contatto della Sinistra Comunista con la III Internazionale

Nel n. 18 del 4 ottobre 1964 abbiamo pubblicato, nel corso del rapporto alla riunioni di Milano del 29–30 marzo per la «Storia della Sinistra comunista», una importantissima lettera che la frazione comunista del PSI inviò l’11 gennaio 1920 al Comitato esecutivo della III Internazionale Comunista. Nel testo di questo lettera è riferito che una precedente comunicazione era partita l’11 novembre 1919, ma soltanto ulteriori nostre ricerche ci hanno consentito di rinvenire il testo anche di questa lettera precedente.

Lo pubblichiamo adesso, e non v’è bisogno di segnalare ai compagni la estrema sua importanza non solo ai fini storici, ma come posizione di principio che su tutti i punti conferma quelle continue e permanenti della Sinistra.

Pubblichiamo la lettera perché non solo non cade nel periodo trattato nel I volume della nostra «Storia della Sinistra Comunista» ma per la stessa ragione di cronologia non potrà essere inserita nel «volume I bis», in corso già di preparazione, ma soltanto nel più lontano II volume che raccoglierà i materiali posteriori all’agosto 1919.

I compagni leggano la lettera e la comunichino nelle riunioni di organizzazione debitamente commentandola.

Qui rileviamo molto brevemente l’importanza della dichiarazione che il punto di rottura al Congresso di Bologna non fu solo la quistione della tattica elettorale, ma sopratutto quella della scissione del partito, che purtroppo doveva attendere altre due anni. Si ribadisce l’antitesi tra la posizione della sinistra marxista e qualunque influenza e contatto «col sistema democratico». Vi è accenno al nostro postulato del partito unico comunista internazionale. È ribadita, per respingere ogni supposizioni di lontane nostre simpatie per l’anarchismo ed ogni mallatìa federalistica ed individualista, la nostra adesione di sempre alla necessità della centralizzazione. È fin da allora fatta oggetto di critica la posizione degli stessi amici torinesi che facevano la grave confusione tra i consigli di officina ed i Soviet, e precisato che la costituzione dei Soviet non può avvenire in qualunque momento, ma dipende dal corso rivoluzionario e di per se stessa non sostituisce la necessità del Partito Comunista.

La lettera porta la scritta: «Frazione Comunista Astensionista del Partito Socialista Italiano – Comitato Centrale – Napoli, Borgo S. Antonio Abate 221».

Al comitato di Mosca della III Internazionale

La nostra frazione si è costituita dopo il Congresso di Bologna del Partito Socialista Italiano (6–10 ottobre 1919) ma aveva iniziato prima la sua propaganda a mezzo del giornale «Il Soviet» di Napoli, indicendo quindi un convegno a Roma il 6 luglio 1919 nel quale venne approvato il programma poi presentato al Congresso. Inviamo una collezione del giornale e diverse copie del programma e della mozione insieme alla quale fu posto in votazione.

È bene premettere che durante tutto il periodo della guerra vi fu in seno al partito un forte movimento estremista che si opponeva alla politica troppo debole del gruppo parlamentare, della Confederazione Generale del lavoro – perfettamente riformisti – e della stessa direzione del Partito sebbene fosse rivoluzionaria intransigente secondo le decisioni dei congressi di prima della guerra. La Direzione e sempre stata divisa in due correnti di fronte al problema della guerra; la corrente di destra faceva capo a Lazzari, autore della formula «né aderire né sabotare la guerra»; la corrente di sinistra a Serrati direttore dell’«Avanti!» in tutte le riunioni tenute durante la guerra le due correnti però si presentavano solidali tra loro, e pur facendo riserve sul contegno del gruppo parlamentare non si mettevano decisamente contro di esso. Elementi di sinistra, estranei alla Direzione, lottavano contro questo equivoco prefiggendosi di scindere dal Partito i riformisti del gruppo ed assumere un atteggiamento più rivoluzionario.

Il Congresso di Roma del 1918, tenuto poco prima dell’armistizio, nemmeno seppe romperla colla politica transigente dei deputati, e la Direzione, pure aggiungendosi elementi estremisti come Gennari e Bombacci, non mutò sostanzialmente la sua direttiva, attenuata dalla debolezza verso certe manifestazioni della destra contrarie all’ indirizzo della maggioranza del Partito.

Dopo la guerra apparentemente tutto il Partito prese un indirizzo «massimalista» aderendo alla III Internazionale. Il contegno però del Partito non fu soddisfacente dal punto di vista comunista; vi preghiamo di vedere sul «Soviet» le polemiche col gruppo parlamentare, colla confederazione (a proposito della «costituente professionale»), colla stessa direzione specie per la preparazione dello sciopero del 20 e 21 luglio.

Subito noi, con altri compagni di tutta Italia, ci orientammo verso l’astensionismo elettorale, che abbiamo sostenuto al Congresso di Bologna. Desideriamo che sia chiaro che al congresso ci siamo divisi da tutto il resto del partito non solo sulla questione elettorale ma anche su quella della scissione del partito.

La frazione «massimalista elezionista», vincitrice al Congresso, aveva anch’essa accettata la tesi della incompatibilità della permanenza nel Partito dei riformisti, ma vi rinunziò per considerazioni puramente elettorali nonostante i discorsi anticomunisti di Turati e Treves.

Questa è una forte ragione per l’astensionismo: Non sarà possibile la costituzione di un partito puramente comunista se non si rinunzierà alla azione elezionistica e parlamentare.

La democrazia parlamentare nei paesi occidentali assume forme di tale carattere che costituisce l’arma più formidabile per la deviazione del movimento rivoluzionario del proletariato.

La Sinistra del nostro partito fino dal 1910–11 è impegnata nella polemica e nella battaglia contro la democrazia borghese, e questa esperienza conduce a concludere che nell’attuale periodo rivoluzionario mondiale deve essere troncato ogni contatto col sistema democratico.

La situazione attuale in Italia è questa: il partito fa la campagna contro la guerra e i partiti interventisti, sicuro di ricavarne un grande successo elettorale, ma poiché il governo attuale è composto dai partiti borghesi contrari alla guerra nel 1915, si determina una certa confluenza tra l’azione elettorale del partito e la politica del governo borghese.

Siccome tutti gli ex-deputati riformisti sono stati ripresentati candidati, il governo Nitti che è con loro in buoni rapporti, come risultò dalle ultime vicende parlamentari, farà in modo che essi riescano a preferenza. Dopo, l’azione del partito, già esaurito da grandi sforzi della attuale campagna elettorale, si perderà in polemiche col contegno transigente dei deputati. Avremo quindi la preparazione delle elezioni amministrative pel luglio 1920; per molti mesi il partito non farà propaganda e preparazione seriamente rivoluzionarie. È da augurarsi che avvenimenti imprevisti non superino e travolgano il partito.

Noi diamo importanza alla questione della azione elettorale e pensiamo che non sia conforme ai principi comunisti lasciare la decisione in merito ai singoli partiti aderenti alla III Internazionale. Il partito comunista internazionale dovrebbe esaminare e risolvere tale problema.

Oggi noi ci prefiggiamo di lavorare alla costituzione di un partito veramente comunista e per ciò lavora la nostra Frazione nel seno del Partito Socia-lista Italiano. Ci auguriamo che i primi eventi parlamentari condurranno verso noi molti compagni in modo da realizzare la scissione dai socialdemocratici.

Al congresso hanno votato per noi 67 sezioni con 3417 voti, mentre i massimalisti elezionisti hanno vinto con 48 000 voti, e i riformisti ne hanno avuto 14 mila.

Noi dissentiamo anche dai massimalisti su altre quistioni di principio; per brevità vi uniamo una copia del programma approvato dal congresso che è oggi il programma del partito (col cambiamento del programma nemmeno un socio ha lasciato il partito!) con alcune nostre osservazioni.

Occorre notare che non siamo in rapporti di collaborazione coi movimenti fuori del partito; anarchici e sindacalisti, perché seguono principi non comunisti e contrari alla dittatura proletaria – anzi essi accusano noi di essere più autoritari e centralizzatori degli altri massimalisti del partito. Vedete le polemiche sul «Soviet».

È necessario in Italia un complesso lavoro di chiarificazione del programma e della tattica comunista a cui noi dedicheremo tutte le nostre forze. Se non si riesce ad organizzare un partito che si occupi unicamente e sistematicamente della propaganda e preparazione comunista nel proletariato la rivoluzione potrà risolversi in una sconfitta.

Sull’opera tattica e specie in merito alla costituzione dei Soviet, ci pare che si stanno commettendo errori anche da nostri amici, col pericolo che tutto si limiti ad una modificazione riformistica dei sindacati di mestiere. Si lavora infatti alla costituzione dei comitati di officina, come a Torino, riunendo poi tutti i commissari di una data industria (metallurgica) che prendono la direzione del sindacato professionale col nominarne il comitato esecutivo.

Si resta così fuori dalle funzioni politiche dei Consigli operai a cui occorrerebbe preparare il proletariato – pur essendo, secondo noi, il problema più importante quello di organizzare un potente partito di classe (partito comunista) che prepari la conquista insurrezionale del potere dalle mani del governo borghese.

Sarebbe vivo desiderio nostro conoscere la vostra opinione:
a) sull’elezionismo parlamentare e comunale e l’opportunità di una decisione in merito della Internazionale comunista;
b) sulla scissione del partito italiano;
c) sul problema tattico della costituzione di Soviet in regime borghese e sui limiti di tale azione.

Salutiamo voi ed il grande proletariato russo pioniere del comunismo universale.

Il Comitato Centrale. Napoli, 10 novembre 1919


Source: «Il Programma Comunista», 28 Luglio 1965, Anno XIV, N. 14

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