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TERRORISMO E ANTITERRORISMO PER COSTRINGERE IL PROLETARIATO ALLA TERZA GUERRA IMPERIALISTA MONDIALE
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Terrorismo e Antiterrorismo per costringere il proletariato alla Terza Guerra imperialista mondiale
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Terrorismo e Antiterrorismo per costringere il proletariato alla Terza Guerra imperialista mondiale
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Dopo i terrificanti massacri negli Stati Uniti gli altoparlanti del regime, di destra e di sinistra, concordano che la guerra che si prepara, che, anzi, sarebbe già iniziata, è fra Nord e Sud del Mondo, fra noi ricchi e loro poveri. Una guerra per la nostra civiltà, la civiltà del Capitale.

Gli insanabili contrasti che stringono il capitalismo non sono, invece, fra Stati, ma al suo interno, si tendono fra i ricchi, sono crisi di sovrapproduzione, di troppa ricchezza prodotta e smerciata, e non fra chi ha troppo e chi troppo poco. Il conflitto che esplode non è culturalereligioso e nemmeno nazionale ma è una guerra di classi, fra le classi moderne dei più moderni paesi: una guerra della borghesia contro il proletariato. Il mondo non si divide fra Paesi ricchi e Paesi poveri, ma fra internazionale classe borghese possidente e la internazionale classe lavoratrice spossessata, che dovranno tornare in aperta guerra a morte fra loro, tanto nel Nord quanto nel Sud.

Le sofferenze, spesso atroci, di popoli sottomessi come quello palestinese, algerino, ceceno, curdo, e di decine d'altri, sono quasi sempre il riflesso di uno scontro indotto e imposto dai loro «protettori» imperiali, sono guerre per procura. Proletari palestinesi ed ebrei sono costretti a farsi a pezzi per un gioco che va ben oltre quei pochi chilometri di pietraie (dei quali sono prigionieri ed ostaggi, ché volentieri molti se ne andrebbero, se potessero), che li precipita nella miseria, nel terrore, nella divisione e nell'odio, complici le borghesie arabe, palestinese ed ebrea, ma i fili si tirano a Wall Street, Londra, Parigi, Roma, Riad eccetera.

La grave crisi economica - la peggiore dal 1960, dicono le statistiche - che attanaglia ormai anche il capofila americano del capitalismo, con i corollari dei tracolli nelle borse, spinge sempre più gli Stati al confronto. Inesorabile si accresce la tensione fra colossali, quanto spregevoli, egoismi delle classi ricche, in un gioco di potenza fra Europa, Giappone, Stati Uniti; all'interno delle vili borghesie europee, che stanno per darsi una moneta concorrente al dollaro; fra europei, giapponesi e americani e i grandi imperialismi emergenti in Asia.

A questa crisi e a questo conflitto inter-imperialista, che troppo a lungo si è costretto nei limiti delle contese commerciali, il capitalismo ad un certo punto deve dare sfogo militare. La guerra generale sarà fra gli imperialismi, fra i massimi blocchi imperialisti, come lo sono state la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. È la guerra che cova sotto le ipocrisie diplomatiche, le alleanze militari e le professioni di solidarietà.

Il militarismo è il vero volto del capitalismo, e in particolare delle capitalistiche democrazie.

Chiunque abbia dirottato i Boeing ha scelto il momento giusto per la conservazione del Capitale, così come gli obbiettivi, un edificio-simbolo militare ed uno pieno di lavoratori, adatti a ricompattare le opposti classi delle società occidentali. Preti barbuti, svolgono la loro parte ingannando le masse diseredate dei paesi poveri.

Ma la classe operaia se aderisse alla guerra non difenderebbe i suoi miseri, inesistenti, privilegi di cittadini dell'Occidente ricco, ma avrebbe solo da soffrirne morte e accresciuta miseria, come già l'esperienza di due terribili guerre e di due non migliori dopo-guerra dovrebbe averle insegnato.

Anche in Italia tutti sono scattati sull'attenti all'ordine dall'alto, tutti, partiti, giornalisti, sindacati del regime. «La guerra c'è - dicono - bisogna rispondere. Contro chi ve lo diremo poi, ma certo è che presto, voi proletari, dovrete andarci!»

Il comunismo alla guerra borghese, che è guerra prima di tutto contro la classe operaia e contro il Comunismo, oppone il principio della solidarietà internazionale dei lavoratori. I lavoratori devono opporsi alla guerra imperialista, e a questo fine non bastano le maledizioni o la pressione di pubbliche opinioni, occorre la forza decisa della classe lavoratrice. Ma in mancanza del loro partito i lavoratori sono nelle mani degli stregoni borghesi e opportunisti che li ipnotizzano con la rinascente, imbecille, retorica guerrafondaia, razzista, religiosa, sciovinista.

Per opporsi alla guerra occorre un'organizzazione di classe estesa e combattiva. E occorre un Partito Comunista che la diriga, perché solo con la guerra rivoluzionaria tra le classi per l'abbattimento del regime infame dello sfruttamento del lavoro salariato il proletariato potrà impedire una nuova guerra tra gli Stati e l'ulteriore sopravvivenza del nostro storico nemico.

Source: «Il Partito Comunista», Settembre 2001, n. 286

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